L’epilogo finale

L’epilogo finale. Dopo la sesta ed ultima chemioterapia del ciclo ha effettuato la TAC di controllo e dai risultati non si prometteva nulla di buono, il tumore non si era arrestato anzi ha proseguito inesorabile la sua crescita distruggendo ancora un altro pezzo del mio amore, portando con sé speranze e serenità.

Successivamente c’è stato l’incontro con l’oncologo per discutere su come proseguire e che tipo di terapia bisognava fare per cercare di bloccare tutto e cercare di cronicizzare la malattia.

Il giorno del colloquio, che coincideva a due settimane dopo il sesto ciclo, parlò solo con lei senza convocare anche me per discutere sul fatto, le dissero:

«signora purtroppo la chemioterapia non ha avuto nessun effetto, anzi come si evince dal referto della TAC il tumore è cresciuto in dimensione e di numero di metastasi al fegato. Come le avevo promesso in partenza non ci fermeremo qui, adesso avvierò uno studio su dove e come proseguire con le cure sperimentali»

Mia moglie subito dopo mi chiamò in lacrime, aveva la voce distrutta dal dolore ed io ero lontano da lei, mi sentii tremare ogni singolo pezzo della mia carne, la mia bocca era totalmente asciutta e non riuscivo a trovare le parole. Le dissi subito

«amore mio non preoccuparti sto venendo a prenderti»

Da lì in poi ha eseguito altre visite specialistiche a Milano per capire se ci fosse una cura sperimentale che possa sconfiggere questa brutta bestia. Il primo colloquio lo facemmo all’ospedale Niguarda di Milano, dove le dottoressa di Novara aveva già preso accordi. Fu una discussione sterile dal lato umano, molto distaccato e senza nessunissimo tatto per chi dall’altro lato non sa quanto ancora può respirare, guardare il sole e le stelle e vivere fianco a fianco alla propria famiglia. Presero un mese di tempo per analizzare le cellule tumorali che gli portammo, ed io dentro di me pensai: Un mese di tempo? ma perché abbiamo tutto questo tempo?

Dall’ultimo ciclo di chemioterapia passò quasi un mese senza assumere nessun altro farmaco e mia moglie stava tanto male, ci recammo tre volte all’ospedale San Giuliano di Novara, cure palliative per farle aspirare liquido che le si formava nell’addome ed ogni volta erano dai 3 ai 3 litri e mezzo alla volta a distanza di cinque giorni l’uno dall’altro ed i dolori erano lancinanti

«Dio mio non ce la faccio più, non resisto più. Prendimi e fai di me ciò che vuoi perché sto troppo male»

Questo è quello che diceva, ed io mi sentivo letteralmente strappare dal mio cuore pezzi di esso, piangevo e le dicevo di smetterla e che non poteva andarsene e lei mi diceva che purtroppo non lo aveva deciso lei e che non poteva farci nulla, si stava arrendendo

Il giorno del ricovero

Il 25 aprile la portai per l’ennesima volta al pronto soccorso dell’ospedale di Novara, ma questa volta la ricoverarono, le fecero tutti i controlli del caso, ma da una telefonata fatta a me dal dottore mi diceva che la situazione si era parecchio aggravata e che non avevano molte cure da poter fare se non quelle per alleviarle i dolori e così fecero. La mattina del 28 aprile la trasferirono all’ospedale di Galliate per il proseguimento delle cure, capii subito che mia moglie non sarebbe più uscita da li con le sue gambe, mi sentivo talmente male da non riuscire più a respirare, mi sentivo confuso e triste da morire. Visto la situazione presi i bambini prima da scuola e li portai dalla mamma per salutarla, gli dissi

«mamma mi ha chiesto di voi e vi vuole salutare, sta ancora un po’ male e non può uscire dall’ospedale e quindi noi andiamo a trovarla»

Quando arrivammo da lei mia moglie era felice di vederli, gli chiese se si stessero comportando bene e li baciò come non mai, poi come era solita fare le fece il gesto con le due dita indice e medio dirigendoli dai suoi occhi a loro come a voler dire “vi controllo” e poco dopo andammo via. Li riaccompagnai a casa per dirigermi nuovamente da lei per starle il più possibile vicina e sfruttare ogni secondo per poterle dire che la amo e che è e sarà sempre il mio amore più grande e unico della mia vita, dopodiché dopo un po’ tornai nuovamente a casa.

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