Il giorno più buio

Era il 12 novembre del 2020, il giorno più buio e brutto della mia vita.
L’inizio di tutto
Prima della data del “giorno più buio”, da qualche tempo prima, Elisa mia moglie, accusava dei fastidi e piccoli dolori al basso ventre e decise di fare un controllo dal ginecologo e quel giorno del 12 novembre l’accompagnai. Entrammo nello stuio e lui ci accolse subito, inizió nel chiederle le informazioni di routine e subito dopo eseguì l’ecografia…
«qualcosa di sospetto» affermò il dottore, «una massa con delle “vegetazioni” all’ovaio». Inizialmente io non capii cosa volesse dire e gli chiesi «Ma cosa vuol dire questa cosa dottore?», e lui rispose «bisogna fare una TAC di controllo per capire meglio», il sospetto era un tumore all’ovaio.
Mi sentii improvvisamente gelare il sangue nelle vene, gettato nel vuoto a caduta libera, non riuscii più a pensare, a reagire, a parlare, non sapevo come affrontare la situazione, a chi dovevo rivolgermi, è stato il giorno più buoi della mia vita, TRISTEZZA PURA!
Il dottore poi prese un foglio bianco dal ricettario e cominciò a stilare una lista di strutture sanitarie e nomi di dottori dicendo
«questi sono dei nomi di colleghi che conosco molto bravi e le strutture dove loro lavorano, vi consiglio di rivolgervi ad uno di loro, tranquilli sono tutti molto bravi»
Dopo aver scambiato ancora due chiacchere con il dottore andammo via dallo studio e mentre ci dirigevamo verso la macchina per tornare a casa la mia mente non smetteva di pensare e ripensare mentre l’angoscia aumentava sempre di più.
L’inizio del lungo e buio cammino
Il giorno stesso prenotai la TAC ed i marker tumorali che fece nei giorni a seguire, il risultato che ne conseguì confermavano la presenza di questa brutta “bestia”.
Il consiglio per le cure del cancro

Proseguendo nel “giorno più buio”, arrivati a casa presi il foglietto dove il dottore aveva scritto il consiglio per le cure del cancro, a chi rivolgerci ed i centri specializzati, io e mia moglie ne parlammo tanto e decidemmo di rivolgerci all’IEO (Istituto Oncologico Europeo).
Scrissi una mail al contatto che c’era scritto sul foglietto descrivendo tutta la problematica e richiedendo un consulto.
Il giorno dopo mia moglie ricevette una telefonata dalla segretaria fissandole un appuntamento presso l’istituto per il giorno 3 dicembre.
Dopo aver seguito il consiglio per le cure del cancro, nei giorni a seguire…
Nei giorni a seguire fece vari esami da portare il giorno dell’appuntamento ed arrivò il giorno dell’incontro, io purtroppo aspettai fuori la struttura in quanto non mi fecero entrare, dopo qualche ora Elisa finì di fare tutto e ci dirigemmo verso la macchina per tornare a casa.
Durante il tragitto mi disse tutto quello che aveva fatto, le varie visite e cosa le disse il dottore e le prescrisse delle pillole di lassativo visto che non riusciva ad andare al bagno.
Per eliminare il cancro consiglia…
L’intenzione era quella di operare per asportare utero ed ovaie per risolvere alla radice il problema, mi sentii affranto dal dolore e dal dispiacere, mia moglie, una donna privata dall’emblema della sua femminilità. Ma se questo serviva per eliminare il problema c’era poco da fare, bisognava agire in tempo per evitare di andare incontro ad un peggiornamento visto che questo mostro, come si sa, avanza inesorabile e senza pietà.
Il ricovero d’urgenza, occlusione intestinale paretica

La sera del 3 dicembre 2020 si sentii ancora più male e decisi di portarla al pronto soccorso dell’ospedale di Novara. Dentro la sala del triage entro solamente lei per via delle restrizioni dovute all’epidemia in corso ed io aspettai fuori al freddo, dentro sentivo il mio corpo che tremava e non era per il freddo, ma per la paura di ciò che poteva succedere. Le fecero vari controlli ed esami ed intanto mia moglie di tanto in tanto mi scriveva qualche messaggio aggiornandomi sulla situazione ed infine fu ricoverata d’urgenza per un occlusione intestinale paretica.
Mi recai a casa per prendere qualche pigiama e ciò che le poteva servire in ospedale, tipo il sapone per le mani, un asciugamano ecc., e tornai in ospedale per poterle dare il tutto. Per fortuna mi fecero entrare per pochi minuti per darmi la possibilità di vederla, era distrutta dal dolore lancinante all’addome, poi andai via.
Di seguito le fecero una TAC di controllo e successivamente una colonscopia dove si vide che l’occlusione intestinale paretica era dovuta ad una massa tumorale al “sigma“.
Quella notte io tornai a casa perchè mia moglie mi aveva scritto un messaggio avvisandomi che l’avrebbero ricoverata e di conseguenza non c’era motivo di aspettare fuori al freddo, nel traggitto verso casa piangevo da solo in macchina e dal mio viso scendevano le lacrime come un fiume in piena, tanto da non riuscire a vedere nemmeno la strada. Mi rivolgevo a Dio dicendogli che non era giusto quello che stava succedendo all’amore della mia vita, il pensiero di tutta quella sofferenza mim lacerava il cuore……
Tumore all’intestino con metastasi al fegato ed una massa di natura sconosciuta all’ovaio… Come mi sentivo??? morire totalmente, finito, solo e scoraggiato.
La telefonata del chirurgo

La prima telefonata del chirurgo che operò mia moglie, mi descriveva appunto la situazione clinica e che le decisioni prese su come operare mia moglie siano state prese dopo uno studio congiunto del chirurgo, l’oncologa ed il ginecologo.
«Signor Lombardo la situazione di sue moglie è complessa, in quanto sua moglie ha una massa intestinale che ha provocato il blocco, in più nel fegato sono presenti delle lesioni»
queste le prime parole dette tutte di getto, seguì:
«Io, il ginecologo e l’oncologa abbiamo studiato il caso ed è stato meglio proseguire effettuando un’astomia per risolvere il problema più immediato, che è quello dell’occlusione, così da permetterle una ripresa rapida per cominciare la chemioterapia, abbiamo inoltre prelevato parte della massa intestinale e delle lesioni del fegato per farle analizzare.».
All’improvviso capii che avrebbe sofferto, potete immaginare a 39 anni subire un trattamento del genere? l’avrebbero bombardata pensai.
Dopo la telefonata del chirurgo
Dopo un giorno ho potuto sentire Elisa al telefono, lei con un filo di voce distrutta dal dolore e dall’operazione mi diceva
«Ho dolore dappertutto e sono senza forze. I dottori ti hanno parlato di ciò che ho?»
le risposi
«Si amore mio, ma non preoccuparti si risolverà tutto, stai tranquilla e pensa a riprenderti tesoro mio.»
Io cercavo di farle forza dicendole che non doveva preoccuparsi e che tutto si sarebbe risolto, mentre dentro provavo tanta solitudine, come se mi avessero tolto l’anima. Con i bambini non riuscivo nemmeno ad accennare un sorriso, il mio sguardo era perso nel vuoto e privo di ogni forma di emotività.
L’inizio del lungo cammino

L’inizio del lungo cammino non ricordo di preciso che giorno cominciò, ma era un giorno di fine Dicembre dell’anno maledetto 2020.
Ci recammo in ospedale al reparto di oncologia per il primo colloquio con la dottoressa che l’avrebbe seguita per tutto il percorso di terapia, entrammo al reparto dopo aver compilato, come di consueto ormai, il foglio relativo ad eventuali contagi COVID.
Subito dopo ci recammo allo sportello per il primo inserimento dei dati personali e cose del genere e subito dopo ci fecero entrare nella stanza per il proseguimento “dell’intervista” per l’inserimento di altri dati più personali tutelati dalla privacy.
Finita questa prima fase ci recammo vicino alla stanza dove poi l’avrebbe chiamata la dottoressa per la visita e le dovute spiegazioni del caso.
Io ero tesissimo come una corda di violino l’attesa mi logorava non sapevo perché.
La lunga strada che doveva affrontare
«Urso Elisa»
disse la dottoressa e ci recammo dentro il suo ufficio, mia moglie si accomodò ed io rimasi sulla soglia della porta in quanto non potevo entrare sempre per le solite precauzioni della pandemia
«cosa sa? cosa ha capito di ciò che è successo e di quello che ha signora?»
inizialmente mia moglie non capiva e le disse quello che era successo ma lei continuò
«no signora, quello che è successo lo so, voglio capire se lei ha capito cosa ha lei»
e mia moglie le disse di avere un tumore all’ovaio, intestino e lesioni al fegato
«allora signora, quello che abbiamo trovato, quando è stata operata, è un tumore primitivo dell’intestino con metastasi al fegato. Del tumore all’ovaio non si evince da nessun esame che ha fatto. Si, ha una massa all’ovaio destro, ma non sappiamo se è anch’essa una metastasi o un tumore primitivo dell’ovaio..»
Non sapevo che pensare, conoscere la situazione chiara di quello che stava accadendo mi scoraggiava sempre di più, le lacrime scendevano senza nessun comando sul mio viso e su quello del mio amore.
Avrei voluto strappare con le mie mani quello che la stava distruggendo e buttarlo dentro di me, avrei preferito soffrire io, non accettavo che lei avrebbe sofferto e poi mi passavano mille pensieri tristi, negativi, scoraggiati dalla mente.
«PERCHE’ DIO MIO?»
pensai ed urlai in silenzio dentro di me, mi si scatenò una guerra di pensieri e di dialoghi con chi non potevo vedere, gli dissi che non era giusto perché mia moglie non meritava tutto questo, mia moglie è una persona buona che non ha mai fatto del male a nessuno e che tutto questo era assolutamente ingiusto, mi sentivo sconfitto.
alla fine al dottoressa disse
«nei prossimi giorni verrà contatta per l’inserimento del port-a-cath, è un piccolo cuscinetto sottopelle che servirà per effettuare la terapia e le comunicheranno la data della visita ginecologica e dell’ecocadio»
io poi le chiesi
«dottoressa ma mia moglie quando inizierà il ciclo di chemio?»
e lei mi rispose
«il prima possibile, non appena verrà inserito il port-a-cath si parte»
L’inizio del lungo cammino
Successivamente venne contattata per i vari appuntamenti ed inoltre le fissarono anche il famoso “cuscinetto” sottopelle, infine le comunicarono che il 4 gennaio avrebbe cominciato il primo ciclo di chemio.
Perchè? Perchè! Perchè… Riflessione interiore

In tutto questo periodo piansi davvero tanto, mi arrabbiai, chiesi: «Perché?» e feci una lunga riflessione interiore, ovviamente non trovai una risposta e né tanto meno una spiegazione, la vita purtroppo mette davanti degli ostacoli per metterci alla prova per vedere se siamo così forti come crediamo.
Perché sono convinto che le prove di forza le faccia fare a chi di forza ne ha da vendere, a chi ha tanto amore, a chi ha forti legami familiari e di amicizia! Per lei darei la vita in qualsiasi momento, anche senza preavviso…
Poi fui preso dallo sconforto e dalla rabbia e dissi: «Perché!»
Mi arrabbiai con il Signore e con Dio perché non accettavo questa situazione e tutta questa sofferenza, «Perché deve soffrire così tanto Signore mio??», non riuscivo a vedere una via di uscita, mi immaginai solo con i miei figli, con tutti i problemi di questo mondo e con la consapevolezza di non riuscirli a superare, insomma mi sentii perso questa riflessione interiore mi stava distruggendo…
Poi riflettei e dissi: «Perché…»
Perché mi stavo buttando così giù? devo dare forza a mia Moglie e non trasmetterle insicurezza, tristezza o rabia. Decisi di cambiare, accendere una luce dentro di me per illuminare quel buio pesto che affliggeva le mie giornate e far sì che questa luce di speranza accesa in fondo al mio cuore aumenti sempre di più per irradiare tutto ciò che mi circonda per infondere amore e sicurezza in lei che ne ha tanto bisogno.
Dopo questa “riflessione interiore” cercavo di trovare la forza per guadare avanti, rimboccarmi le maniche per riuscire ad aiutare mia moglie in tutto quello che sarebbe servito, dalle faccende di casa a qualsiasi altra cosa che lei non avrebbe potuto fare
Primo ciclo di chemioterapia

4 gennaio 2021, all’ospedale ci accompagno mio suocero visto che non sapevo che tempo si perdeva, prima di recarsi al reparto di oncologia per iniziare il primo ciclo di chemioterapia, l’accompagnai in ginecologia perché doveva fare ancora una visita, un’altra ecografia. Aspettai in sala d’attesa e dopo poco venne fuori con diversi fogli in mano dicendomi:
«Dobbiamo aspettare perché vuole parlare con la dottoressa in oncologia, la massa dell’ovaio è cresciuta di altri due centimetri quasi».
Dopo circa 10 minuti la ginecologa ci chiamò e ci disse che aveva parlato con l’oncologa e la cosa da fare era cominciare subito con i cicli di chemio e che successivamente, al controllo, si sarebbe visto come proseguire.
Non si poteva perdere altro tempo, allora subito dopo ci recammo al reparto di oncologia dove la salutai dicendole
«In bocca al lupo amore mio»
Decisi di tornare a piedi verso casa mentre lei stava per essere bombardata dal primo ciclo di chemioterapia, avevo bisogno di camminare per schiarire i miei pensieri, parlare con dio e con me stesso, e fu li che decisi di fare una promessa
«Signore mio non ti chiedo un miracolo, ma solamente di far funzionare la terapia e che dopo questo periodo di lotta riesca a risolversi tutto, se ciò accade ti prometto che verrò da te a Roma, a piedi, attraversando mezza Italia. Non importa quanto ci vorrà e cosa ne comporterà, ma lo farò!»
Mi sentii fiero di questa promessa che feci, mi sentii bene dentro, acquistai fiducia e sicurezza nel futuro, mi sentii che tutto si sarebbe risolto, o almeno speravo…
Effetti collaterali dopo chemioterapia

Quasi sei ore di day-ospital, sei ore di infusioni chimiche nel suo sangue per sconfiggere questo maledetto mostro, gli effetti collaterali dopo chemioterapia si vedevano a colpo d’occhio.
Dentro il corpo di mia moglie era in atto una dura battaglia.
Quando finì ed era pronta per andare a casa, mi mandò un messaggio ed io scesi da casa per andare a prenderla in reparto (5 minuti di macchina). Sembrava drogata, avrei voluto piangere stringerla forte forte fra le mie braccia, ma non potevo dovevo dargli forza.
Gli effetti collaterali dopo chemioterapia erano devastanti, la costrinse a stare tanto tempo fra divano e letto, non aveva appetito e spesso senso di nausea.
Il mio cuore era così piccolo che quasi non lo sentivo nemmeno battere.
I giorni seguenti al primo ciclo di chemio

Nei giorni seguenti fu un continuo e costante impegno all’assunzione di farmaci e punture, tanto che appuntai tutto sul calendario per non dimenticare o tralasciare nulla.
Mi sentii responsabile della sua salute perché lei non aveva le forze di fare da sola, quindi io l’aiutavo a lavarsi, le cambiavo il sacchetto dell’astomia, le facevo lo shampoo, le iniezioni in pancia e tutto quello che era necessario ed utile per lei.
Le feci seguire una dieta più sana riducendo al minimo il consumo di carne e derivati soprattutto la carne rossa, che non mangiò più.
Documentandomi mi accorsi che studi clinici documentavano come l’assunzione di cibo di origine animale aumentavano la produzione nel corpo di cellule cancerogene. In questi casi ci si aggrappa ad ogni speranza, e non costava nulla provarci e seguire questi consigli…
La settimana dopo il ciclo di chemioterapia
La settimana dopo il ciclo di chemioterapia. E’ passata una settimana dal primo ciclo di chemio terapia e mia moglie si sente meglio ha riacquistato un’ po’ di forze, riesce a lavarsi senza il mio aiuto ed ha persino cambiato la sacca dell’astomia, cosa che si rifiutava di fare in quanto le faceva impressione
«non ci riesco perché se guardo in basso mi gira la testa»
diceva, quindi anch’io mi sento più sollevato, più ottimista
Vorrei tanto che tutto questo lungo percorso finisse il più in fretta possibile per tornare alla vita di sempre per poter nuovamente stringerla forte a me, uscire per poter fare un giro in bici o delle belle passeggiate, una bella vacanza…
Ci vorrebbe proprio il mare, come citava Marco Masini in una sua canzone, per dimenticare tutte le ansie e pensieri e lasciarsi cullare dal suo suono incantevole, la brezza che accarezza il viso, il sapore di salsedine ed il suo profumo incantevole. Dobbiamo avere pazienza però, dobbiamo finire di combattere questa battaglia con tutte le armi a disposizione.
Purtroppo un imprevisto – versamento pericardico
Purtroppo un imprevisto. 13 gennaio del nuovo anno 2021, mia moglie oggi deve recarsi al reparto di cardiologia per effettuare un’ecocardiogramma per un sospetto versamento pericardico.
Alle 9 del mattino l’accompagnai al reparto di cardiologia ed aspettai fuori dal padiglione fino a quando non finì.
Dopo circa un’ora uscì dal reparto con le lacrime agli occhi
«capita tutto a me, sono sfortunata»
disse mia moglie affranta e scoraggiata, ed allora io le chiesi come mai e lei mi rispose
«dall’ecocardiogramma si è visto che ho del versamento pericardico, ha telefonato subito alla dottoressa in oncologia e gli ha riferito tutto. E’ da tenere sotto controllo, se vedo che mi gonfiano le caviglie, difficoltà a respirare o si dovessero gonfiare le vene del collo devo andare subito al pronto soccorso»
le chiesi come mai si era formato questo liquido e se fosse causato dal tumore, ma il cardiologo non si è sbilanciato più di tanto, gli disse che potrebbe essere causato si dal tumore ma si doveva indagare.
Il pomeriggio ricevemmo la telefonata dell’oncologa dove le riferiva di stare tranquilla in quanto la quantità di liquido non era tale da allarmarsi, le fece le raccomandazioni che le aveva fatto la mattina il cardiologo e confermò il prossimo appuntamento per il secondo ciclo di chemioterapia.
Quindi il prossimo ciclo di chemioterapia era fissato per il giorno 19 dello stesso mese.
Il secondo ciclo di chemioterapia

Siamo arrivati al 19 gennaio, al secondo ciclo di chemioterapia. Ci svegliammo il mattino presto e dopo una sana colazione ed esserci preparati, scendemmo da casa per recarci in ospedale
e solito pass auto per entrare con la macchina fino al reparto di oncologia,
l’accompagnai poi a piedi fino alla porta e la salutai dandole un bacio e dicendole come sempre
«ciao amore mio, fammi sapere con un messaggio cosa dice la dottoressa e quando finisci la terapia»
perché la terapia sarebbe durata circa 6 ore, di conseguenza dovevo tornare a casa per poi andare a riprenderla.
Dopo circa quaranta minuti mi dice che aveva fatto la visita dalla dottoressa e che le aveva detto che lei è molto giovane e non possono sottovalutare nulla e che dovevano tenere sotto controllo il cuore prima di inserire nuovi farmaci alla terapia, perché possono causare danni in presenza della problematica in corso, di fatti in quella giornata la dottoressa avrebbe dovuto inserire un farmaco (bevacizumab) che avrebbe bruciato le cellule malate presenti nel suo corpo e che avrebbero causati parecchi effetti collaterali non compatibili alla problematica in corso, quindi avrebbe fatto il secondo ciclo di chemioterapia praticamente uguale al primo.
Le fissò un altro ecocardiogramma per il 3 febbraio, praticamente due settimane dopo in coincidenza dell’altro ciclo di chemio (il terzo), e se dal risultato si evince che tutto è rimasto tale senza aumento di liquido, allora si poteva proseguire con i nuovi farmaci, in caso contrario dovranno aspirare ed analizzare il liquido per capirne la natura.
Alle 16 e trenta minuti mi recai in reparto per riportarla a casa dopo sei ore di infusione chimica che la stordì anche sta volta.
Un po’ d’ansia

Un po’ d’ansia. La sera del 28 gennaio effettuai, come di consueto, due cambi della sacca dell’astomia, diceva che si sentiva lo stomaco duro e gonfio ed in effetti era così. Il giorno dopo stranamente non fede nulla, la sacca rimase vuota, nemmeno una traccia di feci e neanche il giorno a seguire.
In me l’ansia cresceva come non mai, fui rimbalzato indietro nel tempo ed ebbi il terrore che non riuscisse più a fare i bisogni, ero nervoso e teso, qualsiasi cosa mi faceva scattare come una molla e pensai: ‘’ecco, ci risiamo, mi sa che se andiamo avanti così devo portarla al pronto soccorso’’, e poi mi domandai: ‘’ma perché tutto succede sempre di fine settimana? Quando non c’è nessuno in reparto e di conseguenza non posso chiedere un parere alla dottoressa?’’
La cosa strana però è non accusava nessun dolore addominale, cosa che successe a dicembre. Mi rinchiusi in bagno, solo a piangere e pregare affinché tutto questo non accadesse, chiesi al signore di aiutarla, chiesi di farla… eh si è una cosa strana da chiedere ma è proprio così, chiesi di farle riempire la sacca dei suoi escrementi.
All’improvviso mentre ero seduto davanti al mio pc per passare un’ po’ il tempo, Elisa mi disse
«Fra, mi sa che devi cambiare la sacca, l’ho fatta»
Mi sentii un brivido lungo la schiena, all’improvviso tutta la tensione accumulata la riversai in emozione, mi scesero delle lacrime di sollievo. L’abbracciai e le dissi
«finalmente… non ce la facevo più, ero troppo in pensiero avevo il terrore di rivivere quei momenti»
E strano essere felici per un’ po’ di “cacca” ma era così.
L’artiglieria pesante

L’artiglieria pesante. Oggi 3 febbraio ’21 è il giorno del terzo ciclo di chemio, ma prima di recarci al reparto di oncologia tocca fare un altro controllo al cuore per via del liquido “in più” presente nel pericardio.
Sono le 8:30 del mattino e ci troviamo già davanti al reparto di cardiologia ma per via di un’urgenza non si può entrare, una signora anziana si è sentita male e la stavano soccorrendo.
Dopo circa 25 minuti la situazione si sblocca e mia moglie può entrare per effettuare l’ecocardiogramma
Come al solito io aspetto fuori, pioviggina ed io sotto l’ombrello ascolto un po’ di musica tramite un cappellino “Smart” con gli auricolari integrati ed intanto prego il signore affinché il risultato dell’esame sia positivo.
I minuti passavano ed io pregavo sempre di più, ad un ratto ricevo un messaggio da mia moglie:
“ho finito“
ed io gli risposi:
“allora? com’è andata?”
lei:
“tutto bene il liquido si è ridotto, possono inserire l’altro medicinale nella chemioterapia. Tra qualche minuto ti raggiungo.”
L’altro medicinale è il “bevacizumab”, un medicinale potente che uccide le cellule maligne del tumore ma dai molteplici effetti collaterali, è arrivata l’artiglieria pesante.
Ero al settimo cielo, le mie preghiere erano state ascoltate pensai, bene adesso entriamo nel vivo della battaglia, i due cicli precedenti sono serviti per bloccare il nemico e circondarlo ma adesso si passa all’attacco per sconfiggere questo mostro che vuole fare del male all’ amore della mia vita.
Dopo pochi minuti mi raggiunge ed andammo a braccetto al reparto di oncologia, non appena arrivati le diedi un bacio e le dissi:
«fammi sapere come procede e cosa ti dice la dottoressa… ti amo»
Andai verso casa e poi nel pomeriggio, dopo svariate ore di infusione chimica, la riportai a casa nel nostro nido.
Un altro controllo, liquido addominale
Un altro controllo. Oggi 9 febbraio 2021 andammo in ospedale per un altro controllo “ecografia addome completo”.
Il dottore che l’ha visitata prima del terzo ciclo di chemioterapia disse a mia moglie
«ha un po’ la pancia gonfia, meglio fare un controllo»
quindi intorno le 10 eravamo già al reparto di radiologia, entrò in reparto ed io aspettai in macchina, di tanto in tanto mi scriveva qualche messaggio e mi diceva che c’era una confusione allucinante e che erano parecchio indietro con gli appuntamenti.
Dopo più un’ora e mezza finalmente mi scrisse dicendomi che aveva finito e quando venne fuori dal padiglione mi disse
«il dottore mi ha detto che c’è del liquido nell’addome e che poi la dottoressa in oncologia decide se variare la terapia».
Continua la lettura di “Un altro controllo, liquido addominale”Quarto ciclo di chemioterapia

Quarto ciclo di chemioterapia. Come di consueto il giorno prima del quarto ciclo di chemioterapia va in ospedale per effettuare il prelievo di sangue di controllo e di conseguenza il 16 febbraio l’accompagnai al reparto di oncologia dove le effettuano il prelievo.
Per fortuna e tutto molto veloce circa 30 minuti e siamo già fuori.
Nel pomeriggio mia moglie riceve una telefonata
«Signora Urso salve, la chiamo dal polo oncologico, il dottore ha controllato le analisi del sangue e ha trovato i valori del sangue non buoni, domani mattina deve venire alle 8.30 per ripeterli»
altro intoppo pensai io.
La mattina successiva all’orario indicato si ripresenta in ospedale.
Fuori al padiglione c’era già una lunga coda di persone, pensai che questo male subdolo dilaga senza pietà, portando via salute e serenità e tanta gente.
Io aspettai in macchina e le dissi che per qualsiasi cosa di scrivermi.
Le fecero il controllo e la rimandarono a casa perché il valore dei globuli bianchi era troppo basso e la dottoressa le disse che se le avesse fatto fare il ciclo di chemio sarebbe stata male…
rimandò a due giorni dopo, sia controllo ed eventualmente chemio.
Giorno 19 febbraio si ripresentò nuovamente in reparto e per fortuna i valori erano tornati nella norma ed ha potuto proseguire con il cammino verso la salvezza.
Al colloquio con la dottoressa diceva a mia moglie che stava ottenendo degli ottimi risultati e che tutto stava procedendo molto bene ed anche che presto avrebbe potuto fare gli esami di controllo per capire come proseguire.
Ringraziai Dio di queste bellissima notizia e lo pregai nuovamente affinché si realizzi presto il momento in cui mia moglie il mio amore torni a stare bene per poter riprendere fra le nostre mani la nostra serenità,
poter tornare nella normalità.
Passo dopo passo

Passo dopo passo. Siamo arrivati al 3 marzo e passo dopo passo siamo arrivati alla settimana prima del quinto ciclo di chemioterapia.
Oggi l’ho accompagnata in ospedale per fare un altro controllo al cuore per vedere se la storia del liquido è diminuito, stabile o cosa… speriamo bene.
Ogni giorno io vivo sulle spine sempre teso, perché ho paura che possa stare male o che qualcosa possa succedere, quando lei lamenta un qualche dolore subito a me cominciano le palpitazioni e divento nervoso, capisco che tutto questo non aiuta di certo ma è un qualcosa che non riesco a controllare.
Devo dire che lei ultimamente sta meglio è più in forma, riesce anche a fare qualche faccenda a casa ma la cosa che non mi lascia sereno è che la dottoressa l’ultima volta le disse che il marker che evidenzia la massa tumorale all’ovaio è rimasto stabile, quindi si presuppone che non sia anch’essa derivata dall’intestino ma bensì si può ipotizzare che sia primitiva dell’ovaio stesso, purtroppo la certezza non si ha in quanto non è stata analizzata nessuna parte dell’ovaio stesso. Di conseguenza questo “non sapere” come si procederà mi mette ansia, ma spero che riescano a fare la cosa giusta senza mettere a rischio la salute del mio amore, confido in loro e al nostro buon Dio affinché la protegga sempre come sta già facendo, e che le dia la forza per vincere questa battaglia che la vita le ha voluto far fare.
Per fortuna l’ecocardiogramma è andato bene, il liquido si sta riducendo sempre di più… Grazie Dio!
Quinto ciclo di chemioterapia

Quinto ciclo di chemioterapia. Oggi 9 marzo 2021 è il giorno del quinto ciclo di chemioterapia.
Questa volta alla visita la dottoressa le disse che presto avrebbe potuto fare la TAC di controllo per vedere come va e di conseguenza per vedere come proseguire il cammino.
Le analisi del sangue andavano bene e di conseguenza avrebbe potuto fare il suo ciclo di chemio.
Un grido di sconforto

Un grido di sconforto. A volte mi faccio prendere dal panico, mi scoraggio e mi passano per la mente pensieri negativi, come se non riuscissi ad intravedere un barlume di speranza.
La guardo negli occhi e soffro dentro, spero che tutto questo si risolva e che possa ritornare a vivere serena con me ed i nostri figli.
Questa sofferenza mi distrugge perché sono impotente davanti a tutto questo. Vorrei strapparmi da dentro ciò che serve a lei per tornare come prima, al prezzo della mia stessa vita se solo potessi
AIUTOOOOOOOOO!!!!!!!
Vorrei urlare ma come sempre devo farlo in silenzio per non far vedere che sono fragile dentro, devo essere forte per lei e per i bambini.
Ormai manca poco alla fine dei cicli di chemioterapia per poter fare le visite di controllo e per sapere come i tenderanno procedere. Questa decisione è la più delicata, perché se intenderanno procedere con l’operazione per risolvere il problema, dovranno fare attenzione a rimuovere tutto senza che sfugga nemmeno una cellula di quelle maledette, potete immaginare come possa sentirmi.
Devo aver fiducia nelle mani in cui è affidata il mio amore e pregare affinché tutto vada a buon fine.
Insonnia notturna

Insonnia notturna. Oggi mia moglie dovrebbe fare il sesto ciclo di chemioterapia, dico dovrebbe perché il 22 al prelievo di controllo le hanno riscontrato il livello di globuli bianchi basso e quindi deve ripetere l’esame, la sera .
Dopo circa un’ora ha un colloquio con la dottoressa, mia moglie le dice come si sente e che problemi ha avuto nelle ultime due settimane e lei le risponde che rientra nella normalità delle reazioni dovute al ciclo di chemioterapia. Dopodiché le dice che programmerà una TAC di controllo per vedere se la massa si è ridotta e per controllare lo stato di salute di tutto l’addome e che molto probabilmente le farà continuare ancora qualche ciclo di chemio, per adesso i valori di riferimento “i marker tumorali” sono stabili e che quindi la terapia sta funzionando.
«signora non si preoccupi se le dico che continuerà i cicli di chemioterapia»
le dice la dottoressa, ma mia moglie non si preoccupava per questo, ma semplicemente voleva appunto sapere da li in avanti cosa doveva aspettarsi.
La mia lunga insonnia notturna
E’ arrivata la sera e di conseguenza il momento di andare a dormire e dopo aver guardato un po’ di TV sono andato a letto ed è cominciata la mia insonnia notturna. Mia moglie dormiva di già, la guardavo e la mia testa pensava quanto è ingiusta la vita e quanto la stava facendo soffrire.
A volete cerco di immedesimarmi in lei, vedere con i suoi occhi e cercare di avvertire le sensazioni ma non penso sia possibile nemmeno immaginare cosa si possa provare, quando cerco di farlo sprofondo vero il basso ed il mio cuore palpita a più non posso e mi manca il respiro, panico puro. Cosa vuol dire “lottare per la vita?” lottare per poter vedere i propri figli crescere, vivere la vita con la propria famiglia, realizzare dei propri progetti e tutto quello che diamo per scontato, si perché ci sono un milione di cose a cui non pensiamo e che diamo per scontato ma che scontato non è, perché quando c’è qualora che ti impedisce di fare determinate cose, di “scontato” non c’è più nulla.
Ho passato gran parte della notte a pensare tutto ciò, a guardarla a vedere quei timidi e solitari capelli che venivano fuori dal cuscino mentre la sua testa era avvolta dal soffice cuscino, ascoltare il suo respiro e sentire il suo profumo. Io la AMO e non vedo l’ora che tutto questo rimanga solo un brutto ricordo…
L’epilogo finale
L’epilogo finale. Dopo la sesta ed ultima chemioterapia del ciclo ha effettuato la TAC di controllo e dai risultati non si prometteva nulla di buono, il tumore non si era arrestato anzi ha proseguito inesorabile la sua crescita distruggendo ancora un altro pezzo del mio amore, portando con sé speranze e serenità.
Successivamente c’è stato l’incontro con l’oncologo per discutere su come proseguire e che tipo di terapia bisognava fare per cercare di bloccare tutto e cercare di cronicizzare la malattia.
Il giorno del colloquio, che coincideva a due settimane dopo il sesto ciclo, parlò solo con lei senza convocare anche me per discutere sul fatto, le dissero:
«signora purtroppo la chemioterapia non ha avuto nessun effetto, anzi come si evince dal referto della TAC il tumore è cresciuto in dimensione e di numero di metastasi al fegato. Come le avevo promesso in partenza non ci fermeremo qui, adesso avvierò uno studio su dove e come proseguire con le cure sperimentali»
Mia moglie subito dopo mi chiamò in lacrime, aveva la voce distrutta dal dolore ed io ero lontano da lei, mi sentii tremare ogni singolo pezzo della mia carne, la mia bocca era totalmente asciutta e non riuscivo a trovare le parole. Le dissi subito
«amore mio non preoccuparti sto venendo a prenderti»
Da lì in poi ha eseguito altre visite specialistiche a Milano per capire se ci fosse una cura sperimentale che possa sconfiggere questa brutta bestia. Il primo colloquio lo facemmo all’ospedale Niguarda di Milano, dove le dottoressa di Novara aveva già preso accordi. Fu una discussione sterile dal lato umano, molto distaccato e senza nessunissimo tatto per chi dall’altro lato non sa quanto ancora può respirare, guardare il sole e le stelle e vivere fianco a fianco alla propria famiglia. Presero un mese di tempo per analizzare le cellule tumorali che gli portammo, ed io dentro di me pensai: Un mese di tempo? ma perché abbiamo tutto questo tempo?
Dall’ultimo ciclo di chemioterapia passò quasi un mese senza assumere nessun altro farmaco e mia moglie stava tanto male, ci recammo tre volte all’ospedale San Giuliano di Novara, cure palliative per farle aspirare liquido che le si formava nell’addome ed ogni volta erano dai 3 ai 3 litri e mezzo alla volta a distanza di cinque giorni l’uno dall’altro ed i dolori erano lancinanti
«Dio mio non ce la faccio più, non resisto più. Prendimi e fai di me ciò che vuoi perché sto troppo male»
Questo è quello che diceva, ed io mi sentivo letteralmente strappare dal mio cuore pezzi di esso, piangevo e le dicevo di smetterla e che non poteva andarsene e lei mi diceva che purtroppo non lo aveva deciso lei e che non poteva farci nulla, si stava arrendendo
Il giorno del ricovero
Il 25 aprile la portai per l’ennesima volta al pronto soccorso dell’ospedale di Novara, ma questa volta la ricoverarono, le fecero tutti i controlli del caso, ma da una telefonata fatta a me dal dottore mi diceva che la situazione si era parecchio aggravata e che non avevano molte cure da poter fare se non quelle per alleviarle i dolori e così fecero. La mattina del 28 aprile la trasferirono all’ospedale di Galliate per il proseguimento delle cure, capii subito che mia moglie non sarebbe più uscita da li con le sue gambe, mi sentivo talmente male da non riuscire più a respirare, mi sentivo confuso e triste da morire. Visto la situazione presi i bambini prima da scuola e li portai dalla mamma per salutarla, gli dissi
«mamma mi ha chiesto di voi e vi vuole salutare, sta ancora un po’ male e non può uscire dall’ospedale e quindi noi andiamo a trovarla»
Quando arrivammo da lei mia moglie era felice di vederli, gli chiese se si stessero comportando bene e li baciò come non mai, poi come era solita fare le fece il gesto con le due dita indice e medio dirigendoli dai suoi occhi a loro come a voler dire “vi controllo” e poco dopo andammo via. Li riaccompagnai a casa per dirigermi nuovamente da lei per starle il più possibile vicina e sfruttare ogni secondo per poterle dire che la amo e che è e sarà sempre il mio amore più grande e unico della mia vita, dopodiché dopo un po’ tornai nuovamente a casa.
L’ultimo saluto

L’ultimo saluto a mia moglie è stato il 29 aprile 2021. Erano circa 01:10 quando ricevetti la telefonata dall’ospedale dove era ricoverata mia moglie, mi diceva l’infermiera che la situazione di mia moglie stava peggiorando e che forse era il caso se andassi da lei, mi precipitai subito in macchina e andai subito in ospedale.
Quando arrivai in stanza le presi subito la mano e le dissi
«sono qui con te amore mio, stai tranquilla… »
Lei sollevò la testa con quel poco di forza che aveva e cercò di dirmi qualcosa che però non capii, ma dentro di me capii che voleva dirmi che era felice che io fossi arrivato e che sicuramente voleva anche dirmi che il momento era giunto.
Il suo respiro era diverso, sofferto e stanco ed io mi sentivo così male che mi mancava l’aria, tutto mi sembrava così surreale. Non le mollai nemmeno per un secondo la mano fino al punto che chiusi gli occhi e “sognai” o forse ero in trans, ricordo un corridoio buio pesto ed una porta in fondo di esso con una luce mai vista e tenevo mia moglie per mano, l’accompagnai fino alla soglia e le dissi
«amore mio posso arrivare fino a questo punto, purtroppo devo lasciarti, non posso venire con te»
Le diedi un bacio e poi mi svegliai all’improvviso da questo “stato” di sonno o trans che sia e con il cuore a mille la guardai, le sue mani erano scure ed il suo fiato sempre più corto. Dopo pochi respiri fece l’ultimo… Piansi tanto, tanto e tanto ancora…
Auguri mamma!

Auguri mamma! Eh si, oggi è la festa della mamma e come di consueto a scuola si realizzano dei lavoretti da consegnare con amore ed affetto alla persona che li ha messi al mondo e che più di ogni altra cosa amano, la Mamma.
Le maestre mi hanno chiesto se fosse o meno il caso di dare loro ciò che avevano comunque già realizzato,
certamente ho acconsentito anche perché Mattia e Gabriele hanno trovato un loro spazio dove poggiare dei disegni, piccoli pensieri e fiorellini di prato, ed è il comodino della stanza da letto, per esattezza il suo comodino.
Quando hanno cominciato ad appoggiare su i primi disegni e pensierini mi si è stretto il cuore dal dolore, realizzavo sempre di più il fatto che lei non ci fosse più fisicamente tra di noi ed anche al fatto che la amano da impazzire e che non l’avrebbero ovviamente più abbracciata, baciata e coccolata.

Ma d’altro canto ero felice e fiero di ciò che stavano facendo, perché nei loro cuori c’è tanto amore verso di lei, e la stavano onorando con tanta passione e rispetto.
Quindi “Auguri Mamma!” e sono sicuro che in qualunque modo ci osservi e sai che i nostri figli farebbero qualsiasi cosa per te, per averti vicino nei loro cuori e che tu li proteggi da ogni pericolo e li guiderai nella loro lunga e tortuosa strada della vita affinché si realizzino i nostri sogni e progetti per il loro futuro. A volte purtroppo non scegliamo noi il nostro futuro o destino, ma possiamo plasmarlo per renderlo più vicino alle nostre aspettative senza mai arrenderci alle difficoltà.
Nel lavoretto di Gabriele, il più piccolo, c’è questa dedica:
Gli occhi della mamma
Negli occhi della mamma brilla tutta la luce del mondo e nel suo grande cuore nascono immensi doni d’amore.
Non c’è sguardo più dolce del tuo, cara mamma!
AUGURI MAMMA!
La tua voce

La tua voce. In questi giorni sto vivendo di ricordi ma molto spesso i recordi sono sono legati ad immagini, sequenze interminabili di periodi vissuti insieme ad amarci a vivere la vita quotidiana e di sensazioni che accrescono la complicità di coppia.
Ma la cosa che mi manca più di tutte e che faccio fatica a ricordare è il suono della tua voce, e non perchè non voglia ricordare ma semplicemente perchè credo che chiunque faccia fatica a ricordare un suono, una voce o semplicemente dei rumori.
Ecco perchè amore mio ho voluto creare questo video, per immeggermi nella melodia della tua voce e farla penetrare nel profondo del mio cuore per dargli vita, come dita che pizzicano le corde di una chitarra fai vibrare le corde della mia anima in sintonia con la tua, per non sentirmi solo e triste.
Ascolto musica al pianoforte

Ascolto musica al pianoforte. Lunedì 10 maggio 2021 ore 23:40. Sono a letto che ascolto musica al pianoforte con le mie cuffie e non riesco a prendere sonno, penso e ripenso ad Elisa, a come desidero fortemente sognarla, incontrarla e parlarle per chiederle come sta e se lei pensa a noi e se ci osserva da lassù.
Questa casa senza di lei è vuota, senza la sua voce che per me era melodia, i suoi sorrisi e ai suoi balli quando sentiva un po’ di musica latino americana. Mi ricordava sempre che quando era più giovane aveva lavorato per un periodo come animatrice in un villaggio turistico e che era molto brava a ballare.
Quanto mi piaceva quando mi accarezzava la nuca con la sua dolce e calda mano e quando giocava con il mio orecchio stropicciandolo, diceva sempre:
«che orecchio morbido che hai!»
Ed io ero felice di sentirmi coccolato e amato come non mai. La nostra felicità era fatta di semplici gesti dolci e costanti, piccole dosi di felicità che creavano un equilibrio armonioso di gioia e serenità, come una melodia che nota dopo nota conquista la mente e isola da tutto il resto costruendo intorno a noi un luogo unico, nostro, intimo e inviolabile dove far entrare solo chi vogliamo e ammirare un paesaggio fatto solo di cose belle, di amore, di colori e profumi inebrianti, insomma il nostro mondo perfetto.
Ecco, questo era il nostro amore, non un amore da favola e perfetto perché ovviamente, come ogni famiglia, anche noi avevamo e affrontavamo delle difficoltà, ma lo facevamo con amore e in simbiosi, ci capivamo al volo e a volte mi capitava anche di riuscire a leggerle la mente, molto spesso quando lei voleva dirmi qualcosa io l’anticipavo e lei puntualmente mi diceva:
«ma come fai? La vuoi smettere di leggermi la mente?»
Effettivamente non so come io facessi a fare ciò, ma succedeva, una questione di chimica credo. Quando succedono queste cose è perché si raggiunge una sintonia tale da andare oltre ad ogni razionalità e spiegazione.
Poi penso ai bambini e mi chiedo se sarò in grado di crescerli, educarli e garantirgli un futuro dignitoso come voleva anche Elisa. Ho paura che con il vuoto della figura materna, femminile possano subire problemi in futuro, a quattro e sei anni hanno bisogno della loro mamma, del suo affetto, delle sue carezze e dei suoi consigli, diversi da ciò che riuscirei a dargli io perché sono il papà. Questa cosa mi preoccupa, ma devo affrontarla non posso esimermi dal farlo, lo devo ad Elisa e all’amore che aveva verso i nostri figli.
Mi aspetta un duro lavoro reso ancor più duro visto il doppio compito genitoriale, e spero di esserne all’altezza e di essere anche un buon amico per loro.
La nostra unica vita
La nostra unica vita. Se osservassimo la nostra unica vita allo specchio cosa vedremmo? Solo la nostra immagine riflessa priva di ogni tempo, solo il presente con tutto quello che il presente stesso ci da, gioia, dolore, affanno, allegria o indifferenza. Quindi vedremmo solo un’immagine sdoppiata della nostra realtà presente, senza lasciare traccia del nostro passato. Questo è l’errore che facciamo continuamente entrando in un loop dal quale, a volte, è difficile uscirne causando un appiattimento totale delle proprie sensazioni ed emozioni.
Se invece di osservare la nostra vita ne fossimo gli artefici? Se non ci lasciassimo trasportare dalle correnti ma governarle per approdare su terre nuove e fertili? Se invece di guardare la nostra vita allo specchio lo sostituissimo con una tela bianca e provassimo a dipingerci su? Ne diventeremmo i padroni, viaggeremmo nel tempo e nello spazio e soprattutto ne lasceremmo “traccia”. Potremmo manipolarne l’aspetto, il colore, la forma e se qualche pennellata risultasse brutta si potrebbe sempre decidere di nasconderla e correggerla o addirittura evidenziarne i particolari per non dimenticare quel singolo evento della nostra vita.
La nostra vita è unica e non ne comprenderemmo mai la magnificenza della sua complessità. Cambiare prospettiva aiuta ad ammirare sfaccettature altrimenti rimaste nascoste alla nostra vista e che fanno la differenza, Interrompere quel complesso meccanismo di collegamento che c’è tra cuore e mente, tra anima e corpo, scindere la spiritualità dalla materialità. Il cuore, lo spirito e l’anima sono le tre principali chiavi per rendere la nostra vita unica, affascinante e farla brillare di luce propria per inondare di luce tutto intorno a noi illuminando ogni angolo remoto affinché nulla rimanga in ombra.
Il cuore per vivere ogni emozione come se fosse sempre per la prima volta, come il primo bacio, quello vero, quello che ci toglie il fiato e accelera il nostro battito fino a sentirlo in gola.
L’anima per percepire quella chimica che ci circonda, quella cieca alla vista e sorda alle nostre orecchie. È fatta di segnali che inondano il nostro corpo di benessere, serenità e pace. Di brividi lungo la schiena, voglia di abbandonarsi ad un pianto senza comprenderne il motivo.
Lo spirito per avvicinarsi a ciò che non riusciamo a comprendere e che accettiamo con fede e speranza, che ci lascia dentro un senso di appagamento. Come guardare dentro uno sguardo che penetra nel nostro fondendosi insieme ed in silenzio comunicare, perdendosi nello spazio come se si venisse catapultati in un mondo parallelo fatto solo di ciò che accettiamo così come lo vediamo e captando cosa vuole trasmetterci.
Con queste tre chiavi possiamo rendere unica la nostra vita ed anche quella degli altri, perché saremmo da esempio, da guida e da mentori. Potremmo tendere una mano sicura su passi sicuri ed essere di solo amore e positività, fulcro fondamentale della “vita”.
In ogni avvenimento della nostra vita, che sia esso positivo o negativo, lascia un segno indelebile, insegnamenti che dobbiamo fare nostri, sono doni che dobbiamo custodire per rendere migliore la nostra vita e non commettere nuovamente gli stessi errori. Dobbiamo unire bene le mani quando sotto una fonte vogliamo dissetarci, dobbiamo serrare bene le dita e le mani tra di loro altrimenti rischiamo di lascar scorrere invano acqua preziosa. Ecco questo è quello che dobbiamo fare della nostra vita, dissetarci.
Quante vite abbiamo?

Quante vite abbiamo? Riflettendo sulla mia vita e tutto quello che mi è successo in passato e che continua a succedermi mi sono chiesto: quante vite abbiamo a disposizione?
Ovviamente come dicevo precedentemente la vita su questa terra è una e una sola, ma analizzando gli avvenimenti del nostro passato e gli sviluppi successivi, Quante possibilità di rinascita ci sono state concesse?
Si dice che i gatti abbiano sette vite, ma non sicuramente perché resuscitano, ma perché in caduta libera anche da altezze considerevoli molte delle volte atterrano sulle loro zampe attutendo il colpo e quindi salvi, di conseguenza avranno un’altra possibilità di affrontare nuovamente il pericolo tenendo presente però l’insegnamento tratto dalla caduta precedente.
Se paragonassimo le nostre difficoltà e le nostre angosce, la paura di non avere una via di uscita o una soluzione al problema alla caduta del gatto? Dovremmo destreggiarci come fa il gatto per atterrare in piedi ed avere un’altra possibilità, voltare pagina per scrivere un nuovo capitolo della nostra vita traendo gli insegnamenti delle esperienze passate e portando dentro un bagaglio importante di emozioni sia positive che negative, che inevitabilmente ci cambiano, ci plasmano e ci rendono in qualche modo “immuni” agli errori già commessi. Un bambino non sa che una fiamma brucia e provoca dolore fino a quando, per la prima volta, non si scotta ed una volta successo non metterà più il dito sulla fiamma.
Io sicuramente ho avuto più vite a disposizione se analizzo il mio passato, ed ogni volta che ho voltato pagina ho portato con me tutto il meglio della vita precedente e tutte le cose negative le ho sotterrate in una parte remota della mia anima, al buio per non trovarle più e per non portarmi dietro tristezza, rabbia, dolore o rancori.
Quindi mi ripeto la domanda: quante vite abbiamo a disposizione? Non si sa, ma sta a noi e alla nostra capacità di voltare pagina e aggrapparci ad una corda di salvezza o aprire un paracadute quando ci accorgiamo che ci viene a mancare la terra sotto i piedi, la nostra salvezza sono le persone che abbiamo intorno, che ci ascoltano, ci consigliano e ci trasmettono tutto il loro affetto. Dobbiamo accettare il loro aiuto senza sentirci in debito perché è un aiuto donato con il cuore, senza fini e senza interessi personali, ed anche noi a nostra volta, dobbiamo chiedere aiuto quando ne sentiamo la necessità senza timore di disturbare la vita altrui ed in maniera sincera mettendo il nostro cuore in mano. Se gestissimo così la nostra vita allora avremmo infinite possibilità di rinascita personale ed altrui visto che anche noi potremmo trovarci a dare il nostro aiuto a chi ci sta vicino.
In questa ultima vita, la più dura, ho avuto moltissime persone vicino che mi hanno voluto bene e che mi hanno sostenuto. Tutto questo è successo perché nella vita non basta solo seminare per ottenere un ottimo raccolto, ma bisogna curare il terreno estirpando le erbacce che soffocano le radici, innaffiando il terreno e dando ad esso nutrimento. Nella vita tutto ciò si ottiene con l’amore ed il rispetto del prossimo e di sé stessi, allora sì che avremmo un ottimo raccolto ricco di frutti profumati e dolci come una fragola maturata al sole.
Tutto questo Elisa lo ha saputo fare in maniera eccellente ed impeccabile perché sono stato attorniato da persone che le hanno voluto tanto bene e che di riflesso lo hanno donato a me sostenendomi per l’attraversamento di questo percorso molto accidentato. Poi come per magia succede qualcosa che non ti aspettavi e che ti fa capire che è arrivato il momento di voltare pagina per scrivere un nuovo capitolo della nuova vita.
Irroriamo i nostri terreni, nutriamoli e curiamoli, seminiamo continuamente perché nella vita non esistono stagionalità, non esiste luna piena o luna nuova, in ogni momento possiamo essere chiamati a raccogliere ciò che abbiamo seminato o a seminare nuovamente.
Ci viene detto spesso “ama il prossimo tuo come te stesso” e se invece cambiassimo prospettiva? Cioè, se amassimo noi stessi come amiamo il prossimo, ci sentiremmo felici? Questa è la prova da fare per capire se amiamo abbastanza e nel modo giusto.
Le valigie del nostro viaggio

Le valigie del nostro viaggio. Fin dal primo respiro, dal primo raggio di luce che ci ha illuminato, ci sono state affidate delle valigie vuote dove custodire tutti i nostri ricordi, storie di vita vissuta, singoli momenti e avvenimenti che nell’arco della nostra vita viviamo, che ci fanno crescere e che in un certo modo fa si che la nostra persona venga plasmata adattandosi all’ambiente circostante come fa l’acqua con il suo contenitore, che lo avvolge in ogni suo dettaglio.
Se aprissimo queste valigie ci troveremmo dentro un bazar. Oggetti, fotografie, tessuti e profumi, ad ogni singolo oggetto è legato uno stato d’animo, un’emozione che ci fa rivivere un determinato momento della nostra vita di conseguenza quando ci rifuggiamo in noi stessi non facciamo altro che sbirciare dentro il nostro bagaglio da una piccola fessura perché a volte abbiamo il timore di tirare fuori alcune emozioni forti, scomode o tristi. Alcune volte rovistiamo dentro come dei matti per cercare disperatamente quell’oggetto che desideriamo tanto e che possa far riaffiorare quel determinato ricordo voluto, lontano e quasi dimenticato.
Eh si! Per i ricordi più lontani si fa fatica a trovare l’oggetto ad esso legayo. Io per esempio ho fatto caso che gli oggetti legati ad un passato più remoto sono i profumi, forse perché da neonati il primo senso sviluppato è proprio l’olfatto, quello che ci fa riconoscere il profumo della mamma, che ci guida al seno di chi ci ha messi al mondo, fonte del nostro unico nutrimento. Man mano che si cresce gli oggetti acquistano sempre più consistenza, forme più complesse, più dettagliate e con un valore più importante. Di alcuni ne siamo particolarmente gelosi e li custodiamo in una tasca a parte, più accessibile all’interno della valigia stessa.
Se volessimo provare a dare una sbirciata dentro la nostra valigia potremmo provare a chiudere gli occhi, uno dopo l’altro aprire i ganci della chiusura, tirare un respiro, pensare intensamente a ciò che desideriamo cercare e piano piano aprire il nostro bagaglio. Inizialmente, come una nube di borotalco, saremo invasi da sensazioni ed emozioni confuse, sequenze di immagini confuse che cercheranno di confondere la nostra concentrazione, altro respiro profondo e concentrazione. Cominciamo a sbirciare nei nostri ricordi ed ogni qual volta che ne toccheremo uno ne sentiremo le sensazioni ad esso legate. Quelli che preferisco cercare sono i profumi, sprigionano emozioni uniche e che mai e poi mai possono svanire, al contrario dei fotogrammi che con il passare del tempo si logorano, si ingialliscono ed infine sbiadiscono, a questo punto per quanto riguarda i ricordi più remoti e quasi svaniti c’è un’altra valigia, quella dei ricordi dimenticati.
Quando avremmo trovato ciò che cercavamo è come se si fermasse il tempo, ci sentiremmo leggeri e fuori da ogni luogo. Muovendoci nello spazio all’interno del nostro ricordo potremmo vedere la scena ad esso legata, sentirne le sensazioni e le emozioni come se fosse vissuta in quell’attimo stesso.
Tutto questo scavare nei ricordi può anche essere negativo, perché si può incorrere il rischio di trovare ricordi negativi, quelli che fanno male, tristi e brutti e che rischiano di farci, inconsapevolmente, nuovamente del male.
Come una biro

Come una biro traccia su di un foglio ogni nostra frase, singolo pensiero, un nostro disegno o poesia che esprime ogni nostra sensazione o stato d’animo lasciando traccia indelebile nel tempo del suo passaggio, così anche il nostro percorso di vita lascia dietro di sé il segno indelebile dei nostri passi, ma la differenza sostanziale è che con la nostra biro saltiamo da un punto all’altro del foglio creando così lettere, parole e frasi precise e ben delineate.
Con la nostra vita non abbiamo questa possibilità, creiamo un segno continuo sul nostro foglio bianco e di conseguenza dobbiamo studiarne il tratto e il percorso da seguire per cercare di lasciare al nostro passaggio parole, disegni e frasi in grado di essere lette e comprese, un disegno unico in grado di essere apprezzato a chi l’osserva.
Come un pattinatore sul ghiaccio in armonia con il suo corpo, eseguo le mie acrobazie cercando di stupire con tutta la mia passione e amore il mio assolo, l’assolo della mia vita attorno una coreografia fatta da tutte le persone che mi circondano.
A volte le aspettative superano di molto quello che poi nella realtà siamo in grado di dare, promesse che non siamo in grado di mantenere, desideri inespressi per incapacità di essere compresi, prese di posizione dovute all’orgoglio che ferisce l’anima di chi ci circonda e che molte delle volte ferisce anche chi non ha colpe.
Certe volte verrebbe voglia di strappare via quelle pagine brutte della nostra vita, accartocciarle e lanciarle nel cestino per aver almeno la soddisfazione di fare canestro. Quali sono le mie aspettative? Sicuramente essere un buon papà, un amico e un fratello per i miei figli, avere la dolcezza nel rimproverare e la fermezza nel dare consigli, essere il ramo che sostiene i suoi frutti dando a loro nutrimento e protezione con foglie larghe e robuste.
La cosa più bella della nostra vita è che non siamo da soli a scrivere le pagine del nostro libro, inevitabilmente e qualsiasi siano le scelte della nostra vita, ci ritroveremo a scrivere la nostra storia con l’aiuto di chi ci circonda e che contribuiranno ad arricchire questo meraviglioso testo.
Lasciatemi scrivere con la mia sana pazzia, con i miei bei difetti, con la mia irriverente sincerità, con la mia spudorata voglia di vivere ogni attimo come se fosse l’ultimo e senza i pregiudizi dettati dalla squallida convenzionalità.
La magnificenza della vita

La magnificenza della vita. Qual è la magnificenza della vita in una sola parola? È forse serenità? È forse pace? Potere? Giustizia o salute? Una le racchiude tutte, una sola parola per poter esprimere un concetto così vasto da non poterla spiegare, descrivere e nessuna regola per poterla mettere in pratica, è “l’Amore”!
Si dice che nella vita vince sempre l’amore, che esso stesso avrà sempre la meglio sul male, sulla tristezza e la sofferenza. Allora cosa bisogna proteggere visto che tanto vincerà sempre? Non vi è bisogno di metterci nessun impegno, tutte le nostre forze o l’anima, tanto farà da se, è invincibile!
Io credo che non sia così, l’amore è fragile, attaccabile, esile, appeso ad un filo sottilissimo. Bisogna lottare con tutte le nostre energie per sostenerlo, infondendo tutte le nostre più grandi aspettative che confidiamo in esso, affinché niente e nessuno possa scalfire un solo pezzo di tutto ciò in cui crediamo, per far si che non deteriori e secchi come un fiore reciso messo al sole a seccare piano piano, perdendo i suoi colori, il suo profumo, il suo aspetto e tutta la sua bellezza. Dall’amore nasce altro amore, così come le api aiutano le piante a generare altri frutti e altri fiori, anche noi dobbiamo essere partecipi di questa meraviglia.
La vita provoca tante ferite, sofferenza, tristezza, angoscia e solitudine, ma questo ci serve, non deve distruggerci o farci cadere in un limbo da dove non ne usciremo mai più. Tutte queste cicatrici, più o meno profonde, sono uno scudo, ci servono per affrontare il presente, il “ora”; “adesso”. Grazie ai loro segni o insegnamenti proteggeremo l’amore da ciò che può attaccarlo e portarlo alla distruzione o al fallimento.
Dentro abbiamo una grande forza e una potenza inimmaginabile, basta crederci, volerlo, sentirlo in maniera convinta dentro il proprio cuore e pensiero. Basta volerlo ardentemente da farlo bruciare di un fuoco inesauribile ed eterno. La forza è dentro di noi perché siamo a immagine e somiglianza di Dio; “Io sono”, è dentro di noi con tutto il suo amore, forza e tenacia.
Basta crederci.